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Paragrafo 2.
LA DIMOSTRAZIONE
Trattiamo ora la principale caratteristica dei teoremi, quella che li distingue definitivamente dai proverbi e dalle raccomandazioni della mamma: la dimostrazione.
Definizione 7.1.
Si definisce dimostrazione una catena di deduzioni attraverso le quali la verità della
proposizione che deve essere dimostrata viene derivata dagli assiomi e da proposizioni precedentemente
dimostrate(34).
Definizione 7.1 bis.
Una dimostrazione nella teoria T della tesi dalle ipotesi
1...n è una sequenza finita di
espressioni che termina con e tale che ogni espressione soddisfa una delle seguenti
condizioni:
Diamo qui di seguito i metodi più usati per dimostrare quasi tutto il dimostrabile.
1. Metodi diretti.
Procedimento per assurdo.
È contrapposto, in taluni campi, alla dimostrazione "diretta".
Supponiamo di voler dimostrare che dalle ipotesi 1,
2, ..., n discende la tesi
. Sia cioè "(1 &
2 & ... & n)"
l'enunciato del teorema e si ponga, per comodità,
1 & 2 & ... &
n = , cosicchè il teorema è
.
Allora per eseguire la dimostrazione per assurdo si opera nel seguente modo:
può essere di tipo diverso a seconda dei casi; la sua natura distingue varie forme del procedimento per assurdo:
Forma contronominale.
Detta anche forma contrapposta o prima legge delle inverse: in luogo di
si dimostra
.
Procedimento per distinzione di casi.
Se (1 o
2 o ... o n), cioè se
implica almeno uno dei sottocasi 1,
2, .. , n e ciascun
i implica , ovvero
(1) & ... &
(n ) allora
.
Seconda legge delle inverse.
Se tutte le ipotesi che si possono fare su un dato soggetto, considerate ad una ad una, conducono ad
altrettante tesi che si escludono a vicenda, allora ciascuna di queste tesi porta, come sua conseguenza
necessaria, la corrispondente ipotesi.
Principio di induzione matematica.
Ne esistono due forme assolutamente equivalenti.
2. Metodi derivati.
Procedimento per induzione logica (o cartacea).
Sia dato l'enunciato del teorema: "(1 &
2 & ... & n)"
. Si ponga, per comodità, 1
& 2 & ... & n
= , cosicché il teorema è
.
Siano dati anche una dimostrazione matematicamente corretta Z ottenuta mediante uno qualsiasi
dei metodi diretti suesposti, e un algoritmo A che mediante un numero finito di passi permetta
di recuperare Z (ad esempio indicando su che libro e a che pagina essa si trova).
È allora vero che : infatti la
dimostrazione Z rispetta le ipotesi delle definizioni 7.1 e 7.1bis, le quali ipotesi rimangono
verificate anche se si aggiunge in testa a Z l'algoritmo A, cioè proprio quello
atto a trovare Z, in quanto A, essendo un algoritmo che termina positivamente e in un
numero finito di passi, può essere maggiorato da una costante, e quindi eliminato.
Purtroppo questo metodo, pur essendo assolutamente corretto, non è accettato dalla Matematica
tradizionale, per cui non provate ad usarlo agli esami (sigh!).
Forma maggiorale o del "fumo negli occhi".
Siano dati, come sopra, un enunciato E di un teorema T e una dimostrazione corretta
Z, e sia dato anche un professore che conosca sia E che Z. Sia dato infine uno
studente posto frontalmente al professore suddetto e reggente nella mano destra (o sinistra se mancino)
una penna.
Si definisce forma maggiorale una sequenza finita (eventualmente vuota in caso il professore
stia dormendo) di righe scritte dalla penna sopra menzionata ed aventi la caratteristica di
assomigliare esteticamente alla dimostrazione Z, pur inserendo, rispetto alla stessa, un
insieme U non vuoto, eventualmente infinito, di errori, imprecisioni e indecisioni che hanno la
caratteristica di non essere rilevati, per varie ragioni, dal professore.
(34) A.I.Fetisov, La dimostrazione in geometria, Progresso Tecnico Editoriale, Milano, 1965.
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