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Paragrafo 6.
PROBABILITÀ D'ERRORE
A seguito di tutti i discorsi fatti sull'Arbitrarietà che inevitabilmente si introduce quando si stende uno scritto, di qualunque natura esso sia, è evidente che nell'applicare, in genere volontariamente, la (x), si genera confusione, indecisione, insomma un disastro. Di più, nel caso che maggiormente ci riguarda e cioè il testo di un teorema, c'è la fortissima probabilità di commettere degli errori, soprattutto quando si applicano più (x) in cascata; ma diremmo ancor più probabilmente quando il teorema in questione fa parte di un programma d'esame e ancor più se esso è di una certa complessità. Cos� non solo ci sarà da aver a che fare con la difficoltà intrinseca della cosa, ma ad essa si aggiungeranno errori ed incongruenze che hanno un unico comune denominatore: l'Arbitrarietà della Simbologia.
Facciamo un esempio che, crediamo, illustrerà i concetti meglio di qualunque
teorema o definizione.
Siamo in un'aula gremita di gente che si appresta a seguire una lezione, di solito, di Analisi Matematica.
Il docente entra, sparpaglia una massa informe di carta da lui stesso riciclata sulla cattedra, comincia a
frugare alla ricerca di qualcosa che in genere pu�essere:
ognuno dei tre eventi dotato di uguale probabilità. Contemporaneamente a questa operazione, egli darà una breve introduzione all'argomento che sarà oggetto della lezione, al che, ogni studente (tranne i più esperti, ma anche qualcun altro) comincerà a prendere appunti; da rilevamenti statistici si è scoperto che solo nel 5% dei casi ogni studente ha scritto la stessa cosa, nel 2% dei casi ha scritto qualcosa che c'entri con quello che ha spiegato il professore e nello 0,5% dei casi ha scritto qualcosa di corretto (almeno linguisticamente).
Assioma 6.1.
L'Arbitrarietà opera già molto prima che un teorema venga formulato.
Ma ecco che il docente comincia a tracciare qualche convulso segno sulla superficie
scura della lavagna. La lavagna, per inciso, è uno strumento di tortura che si presta ottimamente
alla propagazione dell'arbitrarietà, poiché essa sporca. Tutto ci�che sporca e/o
è soggetto ad usura istantanea è valido per la propagazione. Anche i lucidi vanno bene,
purché il pennarello non sia indelebile e sporchi il più possibile: meglio se è pure a
punta grossa, giacché gli indici tendono a divenire illeggibili e poi perché sporca più
di uno a punta fine. La lavagna resta comunque lo strumento principe, specialmente se è tenuta in
penombra.
La parte iniziale della spiegazione è fondamentale: in essa, di solito, vengono date le definizioni
necessarie al completamento della dimostrazione, incluse le variabili in gioco, variabili che, ovviamente,
necessitano di simboli. Ma ancor meglio, in taluni casi la parte iniziale della spiegazione rappresenta un
"riassunto" di quello che il docente intende fare per raggiungere il tanto sospirato c.v.d..
Teorema 6.5.
Il riassunto presenterà simboli assolutamente diversi da quelli che saranno usati nella
dimostrazione vera e propria.
A circa un quarto della dimostrazione, quando si assesta su una divergenza ancora vagamente quadratica, il docente renderà noto che il teorema si trova anche dimostrato alla pagina x del libro di testo. Ora
A circa metà della spiegazione, molti hanno già lasciato l'aula e una
percentuale pressoché identica di persone ha gettato la spugna (pardon, la penna). Sotto i banchi
cominciano a spuntare monticciole di carta straccia e lattine di birra. L'arbitrarietà a questo
punto è suppergiù O(nn), dove n non si sa cosa sia, ma si sa che
è comunque grande (non , ma con buone probabilità di arrivarci presto
vicino).
A spiegazione "quasi ultimata", diciamo quando manca un o(1) al termine, è il
momento pericoloso, a causa del formarsi delle cosiddette singolarità.
Definizione 6.5.
Una singolarità è un punto p nello spazio euclideo in cui
per x p.
Alcuni studenti presenteranno principi di convulsioni e/o esaurimento, crampi alle dita,
salivazione azzerata, occhio vitreo, insensibilità uditiva e incapacità di costruire un
discorso di senso compiuto. Attenzione a non leggere ci�che hanno scritto nei loro appunti...
Da tutte queste proposizioni (e magari anche da qualcun'altra) scaturisce il conclusivo
Teorema 6.6.
La probabilità di non commettere errori è
 
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