tux Torna alla home page Introduzione all'Analisi N
Precedente Prossimo Indice

Paragrafo 2.

PRIMI PASSI NELL'ANALGEBRA

Definizione 5.1 (passaggio analgebrico).
Un passaggio analgebrico è un'insieme non vuoto di operazioni, dettate da una volontà qualunque, che trasformano una espressione matematica in un'altra qualunque [McBowd, 1970].

Per causa della definizione, gli stessi comuni passaggi algebrici sono passaggi analgebrici. Ciò non deve stupire: la definizione è abbastanza generale da includere, come vedremo, vari ordini di idee e la sua potenza, in fondo, è proprio qui.
Qualifichiamo comunque, per maggiore chiarezza, puro un passaggio analgebrico strettamente non algebrico esatto. Un esempio introdurrà i concetti che poi verranno ampliati.

Esempio 5.1.
Sia

ex + 7x = ln(x/4)

una comune equazione algebrica da trattare. Come McBowd suggerisce l'equazione diviene

ex + eln(7x) = eln(ln(x/4))
(1)

avendo trasformato successivamente 7x in eln(7x) e ln(x/4) in eln(ln(x/4)); dopodichè si esegue

ex + eln(7x) - eln(ln(x/4)) = 0
(2)

e quindi

ex + ln(7x) - ln(ln(x/4)) = 0
(3)

da cui si ottiene

x + ln(7x) - ln(ln(x/4)) = 1
(4)

Semplificando:

x + lnx + ln7 - lnx - ln(1/4) = 1
(5)

e ancora

x = 1 - ln7 - ln(1/4) = 1 + ln(1/28)
(6)

Rintracciamo passaggi analgebrici puri nelle transizioni da (2) a (3) e da (4) a (5). Evidentemente ci siamo andati cauti, ma i più attenti avranno senz'altro afferrato il concetto e cominciato a inquadrare nell'ottica giusta la definizione data. Senza lasciarci andare a facili entusiasmi consideriamo con cura ciò che abbiamo appena visto. Gli aspetti più immediati sono:

  1. questi passaggi analgebrici puri sono dei comuni passaggi algebrici sbagliati;
  2. l'equazione, dato il punto 1 non è stata risolta (o perlomeno, non correttamente risolta);
  3. conseguenza di 2 il risultato x non è valido, ovvero non sappiamo che farcene.

Conclusione: i passaggi analgebrici non servono a nulla. Anzi, sono dannosi perchè sbagliati.
Ebbene, la realtà dei fatti suggerisce che, in tutto ciò, di sbagliato c'è solo quest'ultima conclusione. Vediamo perchè.
Il punto 1 sembrerebbe essere indiscutibile, ma è tradito dall'aggettivo "algebrici": di algebrico, qui c'è proprio poco e questo era tra le ipotesi. Per quanto riguarda 2 obiettiamo che nessuno aveva espresso l'intenzione di risolvere l'equazione; il fatto poi che qualcuno, in presenza di un'equazione, si senta in dovere di risolverla è un altro paio di maniche e non saremo noi ad appuntargli una medaglia sul petto, nè a dirgli che vivrà in eterno con la riconoscenza dei suoi simili. Infine il 3, a parte la pleonasticità, esprime tutta la sofferenza del matematico frustrato, che, come il navigatore giunto finalmente ad un approdo, il quale non sa dire quale sconosciuta terra gli stia dinanzi, così egli non sa indicare l'utilità del frutto di tanti miserevoli e combattuti calcoli. In parole povere: quando mai, dopo dieci pagine di conti, sono riuscito a cavare un ragno dal buco? E se ci sono riuscito, quante zampe aveva? otto? sei? nessuna? meno quattro?
Come si nota i passaggi analgebrici sono uno strumento sufficientemente formale (e qui il sufficientemente ci sta tutto) adatto a descrivere una molteplicità di concetti eterogenei, in particolare essi offrono una buona (in realtà è massima, ma la dimostrazione di ciò sarà volutamente omessa) libertà di azione e grande versatilità.

Esempio 5.2.

dove t = 0 (ovviamente) e dunque:

Bene bene. Qui andiamo già nella direzione di pesantezze computazionali, ma il significato dei passaggi crediamo (vogliamo sperare) sia chiaro. Al di là del risultato, che è esatto ma non è il significato dell'esempio, si voglia porre l'accento sulla accresciuta complessità dei passaggi analgebrici utilizzati nell'Esempio 5.2, rispetto all'Esempio 5.1. Osserviamo, infatti, che mentre nell'Esempio 5.1 la totalità delle operazioni era ridotta a comune algebra, anche se molto discutibile, nell'Esempio 5.2 si è proceduto a sostituzioni simboliche dense dal punto di vista semantico(24), nonchè ad affermazioni di una certa consistenza(25).
Prima di introdurre le formalità vere e proprie, analizziamo due ultimi esempi che ci condurranno già a un buon punto.

Esempio 5.3.

Il punto cruciale sta nell'ultima uguaglianza(26): =1, rigurgitante assiomaticità. Del resto, chi l'ha detto che valga quel che vale? e chi ha detto che 0 debba valere proprio zero sempre e comunque? a volte potrebbe valere anche /2 (e quindi 1/2, fantastico). Ma quel , così oscuro e imperscrutabile, è ancora troppo vago; non si capisce bene cosa sia e cosa voglia fare. Allora vediamo di essere più espliciti (dopodichè la galera non ce la toglie nessuno):

Esempio 5.4.

3 = 2

e con questo chiudiamo il Paragrafo.


(24) incomprensibili.

(25) dubbie, se non altro opinabili.

(26) non proprio, ma facciamo finta che sia vero...

 


Precedente Prossimo Indice